Oggi ultimo giorno di vendemmia. Il mio sorriso però mi porta inevitabilmente col pensiero a una cosa che mi rattrista.
Vi racconto la storia del sig. L. di Vittoria, che raccoglie la sua uva e la butta a terra perchè costretto altrimenti a venderla a € 0,10/kg. Cifra a dir poco inutile. Oggi ho visto con i miei occhi cumuli di uva, cumuli di spreco, cumuli di tristezza!
Lui quest'anno ha deciso di non farsi prendere in giro da nessuno. Ne dalle grosse cantine, ne dall'intero sistema. Ma sono sicura che lui pensi, che quest'anno, coltivando la sua vigna, facendo il suo dovere, come ha fatto negli ultimi 75 anni, ha solo preso in giro se stesso. Perchè non puoi dedicare la tua vita a una cosa, e poi doverla BUTTARE A TERRA.
Lui non ha deciso di lasciarla in pianta, lui l'ha raccolta e buttata a terra.
Questa è realtà della forte crisi agricola siciliana.
Ma io non ci sto. Non voglio più sentire, queste cose, o vedere questo scempio, non voglio più che grandi cantine sociali debbano ancora pagare il raccolto 2009, ai loro soci (agricoltori).
La SICILIA, è ben altro.
Così continueremo solo ad impoverire la nostra agricoltura, così i giovani che assistono a queste cose scapperanno definitivamente dalle campagne, così quello che è stata la nostra principale forza, e rappresenta il cuore pulsante della mia terra, perderà definitivamente la sua Storia e inevitabilmente il suo futuro.
Credo che il sig. L non andrà più a potare la sua vigna a Gennaio. Lui come molti altri ha deciso di ABBANDONARE.
18 commenti:
è un sistema profondamente malato: più offri a tutti la possibilità di avere tutto, sempre, a poco prezzo più l'utente si abitua a questa follia . . .
e chi ha il potere economico di invertire questa tendenza folle non ha alcun interesse a farlo . . .
la ricetta per venirne fuori è amara: un ritorno alll'antica parsimonia, ma quanti hanno veramente voglia di rinunciare all'abbondanza a basso prezzo a cui siamo abituati ?
L'importante è non sapere, per esempio, che l'Italia importa milioni di tonnellate di pomodori cinesi (prodotti Dio solo sa come) . . .
E' in atto una lucida e folle politica per indurrre l'abbandono delle campagne. Storie come quella del Sig L. ne esistono qui a Cirò in Calabria e in tutta Italia, non solo in campo viticolo. Per l'olio, il latte, il grano e molti altri prodotti agricoli da anni si ripropone lo stesso copione che vede la piccola proprietà umiliata al momento di raccogliere il frutto del lavoro. Pescecani, io li definisco così, questi scellerati guidati solo dal fare soldi il più velocemete possibile senza curarsi del deserto che lasciano dietro di sè.
Potrei raccontare la storia del signor F. che a Dogliani è stato convinto da un imbottigliatore locale a non vendere le sue uve a 0,70 a clienti privati con la promessa di un acquisto a 0,80 e che poi quando è arrivato il momento della raccolta si è sentito dire :"Guarda, mi spiace adesso ti do solo 0,30 perchè ho avuto tante offerte e il prezzo ora è sceso", un imbottigliatore che pretende di dettare le condizioni di redazione del nuovo disciplinare. Anche qui F. ha raccolto l'uva per rispetto alla pianta, anche qui F. sta pensando di tagliare la vigna. Se io vendessi il vino sfuso ai prezzi di mercato con i soldi ricavati potrei pagare appena la mano d'opera per la raccolta a 0,30 centesimi al litro. Ma naturalmente nessun organo regionale o sindacale si occupa di imporre dei prezzi minimi sotto i quali non scendere,per preservare un patrimonio territoriale e una dignità degli uomini che lo creano. Abbiamo richiesto che le Langhe entrassero a far parte del patrimonio Unesco e poi lasciamo che si creino le condizioni per un espianto del vigneto, uno stravolgimento del territorrio, le condizioni per la perdita di una tradizione di lavoro manuale che viene lentamente soppiantato da quello meccanico per contenere i costi e che fa perdere inesorabilmente le tradizioni locali. Pescecani, come dice Francesco, mentre non esiste nessun tentativo vero di formare una classe politica e nelle università di economia lo studio del buon governo economico legato ad un economia del fare viene sostituito da un economia virtuale, non viene più insegnata l'economia classica della produzione ma ci si abbandona al liberismo più scellerato con gli effetti che ora sono sotto gli occhi di tutti quelli che vogliono vedere oltre le immagini publiredazionali.
Bisognerebbe anche dire che per 75 anni il sig. L. ha preso sovvenzioni statali di non poco conto per contribuire esso stesso a questa continua guerra al ribasso, perchè, parliamoci chiaro, se uno produce uva da vino per 75 anni NON si puo' chiamare fuori da un mercato moderno in cui lui ha sguazzato fino ad oggi.
Tutti questi pseudo sentimentalismi populisti stanno a zero!
Chissà come mai le bordate arrivano sempre dagli "anonimo" senza palle. Arianna, ti sarei grato se volessi condividere questo tuo post pubblicandolo anche su Vinix dove potrebbe avere una visibilità ancora più ampia.
Un forte abbraccio.
Fil.
Senza palle sono i piagnoni che quando va male si fanno coccolare da altri senza palle che contriti danno queste notizie strappalacrime pretendendo anche plausi o condivisioni. Ma per piacere!
Signor Anonimo perché non si firma con nome e cognome come fanno le persone serie??
Strano il suo comportamento: sbraita la sua idea ai 4 venti e poi non ha nemmeno il coraggio di firmarsi.
Anonimo forse pensa che il contadino e il sovvenzionatore debbano avere la stessa visione prospettica delle cose. Si dimentica forse che fanno due mestieri leggermente diversi, con un potere contrattuale leggermente diverso e con strumenti diversi nelle possibilità di decidere orientamenti economici e politici. Io non piango su contadino, io piango su sovvenzionatore, che ancor oggi di fronte alle uve a terra non cambia di una virgola le sua mentalità,
Senza le p..le certo! come dice lei,
perchè ahimè son donna e per cui felice di non averle in questo senso.
Ma le assicuro che qui nessuno è contrito.
Concordo con lei che la cosa che ha sempre un po' dopato la Sicilia, sono stati questi eccessi di finanziamenti agli agricoltori, che se da un lato tamponavano il problema, dall'altro creavano e creano voragini incolmabili.
Stiamo osservando un problema a noi vicino, non siamo pseudo sentimentalisti, ma le assicuro che guardare una cosa del genere, per me che vivo e lavoro di agricoltura non è bello. Nessuno si piange addosso, e nessuno coccola nessuno.Parlare e confrontarsi fa parte del quotidiano di chi condivide un mestiere.
Come al solito indicando la luna moltissimi (troppi) guardano il dito!
Filippo Ronco, Sandra Salerno, Nicoletta Bocca, il mio nome è Riccardo Milito...Cambia qualcosa ora nella vostra visione del mondo? Oppure il Signor L. (anonimo pure lui ma a quanto pare non vi urta più di tanto) sapendo come mi chiamo non butterà più la sua uva?
Ribadisco il concetto che è facile vivere 75 anni (diconsi settantacinque) con le spalle coperte facendo del mercato uno scempio totale, tanto qualcuno ci pensava...
Non mi sembra di aver mai letto nessun post di questi signori "Viticoltori" in anni passati, quando comunque avevano il fieno in cascina, lamentarsi dei prezzi dell'uva....o mi sbaglio?!
Per Arianna Occhipinti:
lei dice "per me che vivo e lavoro di agricoltura non è bello"
Per me quella (dopata da finanziamenti a pioggia) non si puo' chiamare agricoltura!
Riccardo Milito
Certamente errori in passato ne sono stati fatti, ma il sig. Milito non propone nessun percorso per uscire dalla effettiva crisi che c'è ora. Inoltre esiste chi in agricoltura ci è entrato da poco e non ha responsabilità su quanto è accaduto nei decenni scorsi, perché deve abbandonare ancora prima di cominciare? Il problema è su vasta scala ed è stato fortemente amplificato dal mutamento di direzione verso la Gdo, che ha imposto nuove regole puntando al ribasso nei confronti di chi produce la materia prima per poi sfruttare valori anche 6-7 volte maggiori al momento della vendita nei grandi magazzini.
L'abuso di sovvenzioni in passato non è la causa dello sfacelo attuale, frutto invece di una speculazione su vasta scala (basta pensare allo sfruttamento di manodopera estera a costi bassissimi per poi rivendere al pubblico a prezzi speculari a quelli utilizzati quando la manodopera era locale e giustamente pagata.
Ma secondo voi la Sicilia, con 140.000 ettari di vigneto, piu' o meno quanto tutta l'Australia, non ha problemi di collocazione del prodotto sui mercati, visto anche che la percentuale di vino imbottigliato e' bassissima, pochissimi punti percentuali, vado a memoria.
E bisogna pur ammettere che continuare a sovvenzionare, anche molto pesantemente in passato, produzioni che non hanno sbocchi e' una presa in giro, sia del contribuente che di tutti gli altri che invece non ne prendono.
Le soluzioni? Sono le solite, qualita', rispondenza al territorio, e promozione, promozione, promozione. Pero' 140.000 ettari, la vedo dura.
Qualcuno dovra' smettere, un bel po' di vigna andra' spiantata, sono cose normali in tutto il mondo, anche in Asutralia lo stanno facendo.
Invece che destinare i soldi a sostenere artificiosamente aziende che non hanno nessuna possibilita' di autosostenersi, si devono dedicare risorse ad aiutare le persone che devono riconvertire le loro produzioni o uscire dal ciclo produttivo. No sovvenzioni alle aziende, si aiuti alle persone.
Appunto Roberto, speculatori! Siamo in balia di questi pescecani.
Negli ultimi 20-25 anni all'impoverimento di chi sta alla base della produzione (operaio o piccolo agricoltore) è corrisposta la concentrazione della ricchezza in poche mani che invece di investire hanno pensato bene di speculare su mercati diversi (finanziario, immobiliare..).
Questa non è l'analisi di un circolo di Rifondazione Comunista (se ancora esistono) ma dati riconosciuti e pubblicati dalla "Bocconi Editore" (Maurizio Franzini- Ricchi e poveri. L’Italia e le disuguaglianze (in)accettabili)
Non possiamo ignorare che il Sig. L., il Sig. Milito (Calabrese anche lei?) e noi tutti, siamo dentro questo sistema, ne subiamo le distorsioni e purtroppo non abbiamo mezzi per contrastarli efficacemente.
In realtà un mezzo ci sarebbe Franco. Provare ad essere unici. La prima cosa che mi ho pensato dopo aver letto il post di Arianna è stata, caspita, ma perchè questo signore non prova ad imbottigliare il suo vino? Se il mercato dell'uva è diventato un non mercato, provare a spostarsi su quello del vino potrebbe essere una possibilità di continuare a reggersi in piedi. Non che sia semplice ma come dice Gianpaolo, con un prodotto eccellente ed una adeguata promozione ci si può almeno provare a fare il salto.
In alcuni casi ho visto anche esempi virtuosi di aziende che si alleano per collaborare su più fronti, magari sotto un unico marchio (qualithos, mosaico piacentino...idee che funzionano).
Volendo restare produttore di materia prima senza passare alla vinificazione, si potrebbe provare a creare un piccolo gruppo di conferitori d'eccezione, rispondenti a canoni rigidissimi. A quel punto ci si potrebbe rivolgere ad aziende vinicole di nicchia, con un prodotto d'eccezione che potrebbero essere interessate ad acquistare ad un prezzo diverso dai 0,10 euro al kg.
L'espianto, a volte inevitabile, penso che sia proprio l'ultima spiaggia.
Fil.
@Roberto. A proposito della manodopera, penso che tu ti riferisca alle produzioni fatte in paesi diversi, perche' in Italia il costo della manodopera e' ovviamente uguale indipendentemente dall'origine del lavoratore.
Ma davvero la GDO e' la responsabile dello sfacelo agricolo? A pensarci bene la GDO vive solo perche' la gente trova conveniente farci la spesa, altrimenti chiuderebbe come chiudono oggi molte aziende. Semmai e' da chiedersi perche' la gente preferisca acquistare in GDO e non dai negozi specializzati. D'altra parte non e' obbligatorio per un produttore di vino vendere i prodotti in GDO se riesce a fare dei prodotti che abbiano un senso commerciale al di fuori di essa.
Io invece credo che il mezzogiorno sia stato letteralmente affossato dalla valanga di contributi e sovvenzioni che negli ultimi 50 anni sono arrivati, per mille ragioni e con mille destini, molte volte senza la dovuta trasparenza. Il che e' poi un paradigma della stessa agricoltura, dopata da quel cordone ombellicale che la lega ai contributi europei, per cui l'agricoltore non pianta piu' quello che e' giusto per lui, ma quello dove c'e' il "contributo" (anche se oggi le cose da questo punto di vista con il disaccoppiamento cambiano).
No Gianpaolo,
mi riferivo ai produttori di uva, come di arance, melanzane e quant'altro. Ovvero coloro che, essendo contadini e non avendo né cognizioni imprenditoriali né mezzi economici, per tradizione producono e conferiscono. Il problema è che oggi, e non lo dico io, sono state fatte molte inchieste su questo argomento, la GDO ha instaurato un meccanismo al ribasso imponendo lei le regole, se ti stanno bene ok altrimenti ciccia.
E' vero che anche un supermercato può chiudere, ma attualmente quelli che stanno con la corda al collo sono gli agricoltori, e non hanno difese.
@Rovino. Giusto quello che dici, la GDO e' interessata a pagare meno possibile la merce, specialmente se l'offerta e' molta ed indistinta. Cosa dovrebbe fare, pagare di piu' di quanto paga la sua concorrenza, finendo per chiudere, oppure caricarsi l'onere sociale di mantenere piu' alti i prezzi per far star meglio gli agricoltori?
O forse sono gli agricoltori che dovrebbero organizzarsi in maniera diversa? Certo, nell'Italia dell'agricoltore modello Valle degli Orti e del "piccolo e' bello" ci troviamo con una superfice media aziendale di 7 ettari, contro i 40/60 di Francia e Germania (e forse piu'), con economie di scala nulle, potere contrattuale zero, ecc. Uscire dal ciclo produttivo per chi non ha possibilita' di competere vuol dire anche mettere a disposizione di altri i propri mezzi di produzione, la terra insomma, e magari cominciare a realizzare aziende agricole un po' piu' moderne, piu' grandi e attrezzate, da imprenditori agricoli.
Certo se invece vogliamo che la GDO salvi l'agricoltura, hai voglia ad aspettare...
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